Per una stratificazione del rischio di
fragilità. Prime indicazioni.
Gennaro
Bilancio, Cristiano Mirisola - Medici del lavoro
Questo documento di lavoro va
considerato una base di riflessione per sviluppare un approccio strutturato
alla delicata questione dei lavoratori “fragili”. Esso nasce dal confronto tra
due medici del lavoro, le cui opinioni qui espresse non impegnano in alcun modo
le istituzioni o organizzazioni di appartenenza, che operano nei differenti
ambiti del Dipartimento di Prevenzione e del territorio. La nostra convinzione,
condivisa da tantissimi altri colleghi, è che la medicina del lavoro sia una
sola, che possono essere certo differenti gli ambiti in cui la si esercita, ma
che proprio i vincoli che ogni contesto pone, devono essere lo stimolo affinché
si sviluppi lo scambio più ampio possibile di informazioni e di buone prassi.
Il documento verrà rivisto in base
alle acquisizioni scientifiche e cliniche che ancora emergeranno. Chiediamo a
chiunque voglia contribuire a svilupparlo di segnalare alla mail
info@asmeco.it, eventuali errori di impostazione, ulteriori elementi utili a
meglio stratificare il rischio o aspetti di dettaglio che fossero da integrare.
Data la incessante modificazione del
quadro normativo preferiamo al momento non addentrarci nella disamina delle
problematiche poste dall’ultima circolare del Ministero della Salute del
29/04/2020 sulle attività del Medico Competente nel contesto emergenziale
Covid-19. È ovvio che le considerazioni qui contenute potranno essere utili
anche alla formulazione di un giudizio di idoneità per le visite ai sensi
dell’art. 41 del D. Lgs. 81/08 s.m.i. Va anche ribadito che i medici competenti
svolgono la loro attività coniugando le evidenze scientifiche disponibili con
il quadro normativo esistente. In questo caso l’elenco (che non si può
pretendere possa mai considerarsi esaustivo) delle condizioni che possono far
rientrare un soggetto nella condizione di fragilità, deriva dai Report
dell’Istituto Superiore di Sanità che contengono le caratteristiche individuali
e di salute riscontrate nei soggetti deceduti durante dell’infezione da
Sars-CoV-2. Riguardo la definizione del termine “fragili” riportiamo in calce
una nota ripresa da altro documento.
In nessun modo vogliamo suggerire una
applicazione acritica delle informazioni contenute in questo documento, né che
si possano individuare soglie numeriche in funzione delle quali una persona
possa essere considerata o meno fragile. Non solo ogni situazione ed ogni
lavoratore vanno considerati nella loro singolarità e complessità, ma
soprattutto rimarrà sempre centrale ed insostituibile in queste valutazioni, la
competenza clinico-diagnostica del medico e la sua libertà di maturare un
intimo convincimento in scienza e coscienza. Esprimiamo anche dei dubbi in
merito all’ipotesi che si possa, tramite questionari autosomministrati,
valutare la condizione di salute dei lavoratori.
Il numero potenzialmente molto elevato
di soggetti fragili e la incerta collocazione durante il periodo di astensione
cautelativa impone una attenta stratificazione della loro condizione. Questo al
fine di evitare sia un non giustificabile eccesso di cautela, sia un ancor meno
accettabile rischio di escludere persone per le quali invece essa fosse stata
necessaria.
Per la maggior parte dei lavoratori
tale valutazione non presenta particolari difficoltà, una volta verificate l’assenza
di specifiche patologie d’organo, di condizioni oncologiche o di meiopragia
immunitaria.
Qualche dubbio può ancora persistere, ferma
restando la necessità di evitare ogni forma di inopportuna sovratutela, nel
soggetto che abbia oltre ad una età maggiore di 55 anni almeno due delle
seguenti condizioni (che definiremo provvisoriamente “fattori accessori”):
sesso maschile, forte e/o inveterato fumatore, obeso, iperteso ancorché
compensato.
A
proposito dell’età si riporta per comodità una sintesi del contenuto del Report
dell’Istituto Superiore di Sanità del 29 aprile, sulle caratteristiche dei
pazienti deceduti e positivi. Ne risulta che la loro età media è di 79 anni e
che l’età mediana è più alta di oltre 15 anni rispetto a quella dei pazienti
che hanno solo contratto l’infezione. Le donne in generale sono il 38,0%,
mentre quelle decedute dopo aver contratto infezione hanno in
media 5 anni in più rispetto agli uomini. La figura sotto mostra in maniera
evidente l’importante aumento di mortalità nel passaggio oltre i 60 anni.
La presenza di problematiche connesse
ad una patologia oncologica in terapia o ad deficit immunitario franco, invece,
lasciano pochi margini al medico competente e potrebbero comportare
l’impossibilità di adibire la persona a qualsiasi mansione anche quando fosse
possibile ottenerne il completo isolamento pure durante il tragitto
casa-lavoro. Una situazione simile pare comunque prospettarsi anche quando nel
soggetto siano presenti più di una patologia. Come si evince dai dati estratti
sempre dal Report ISS citato, infatti, solo il 3,8% dei deceduti non presentavano
patologie ed il 14,5% ne presentavano una. Il 21,4%, invece, ne presentavano due
ed addirittura il 60,3% ne presentavano tre o più.
Più complessa appare la valutazione, invece,
di quelle patologie la cui semplice presenza, senza nessuna altra informazione
in merito a compenso e gravità, non permetterebbe di arrivare ad una
conclusione riguardo l’inclusione della persona nella categoria dei fragili. In
qualche considerazione, innanzitutto, potrà essere tenuto il dato che vede l’insufficienza
respiratoria come la complicanza più comunemente osservata (97,1%), seguita dal
danno renale acuto (23,3%), dalla sovrainfezione batterica (12,6%) ed infine
dal danno miocardico acuto (10,9%). Nella figura sotto si vede quali sono le patologie
preesistenti più frequentemente osservate nei pazienti
deceduti e positivi.

Al solo scopo di rendere più agevole
la loro stratificazione se ne riportano di seguito i più comuni criteri di
inquadramento ed alcune liste di controllo. Il livello di dettaglio ed il
numero di items risulterà nella
stragrande maggioranza dei casi eccessivo; lo strumento è però pensato come un ausilio
al lavoro che permetta di poter arrivare agevolmente al livello di
approfondimento necessario in quei rari casi che lo richiedano.
Terminato
questo percorso potrebbero ancora essere presenti dei margini di incertezza e
potranno divenire allora dirimenti la considerazione dei fattori di rischio specifici
e delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Si pensi, ad esempio,
alla situazione in cui un soggetto di età superiore ai 55 anni affetto da una
condizione di immunodepressione lieve o incerta, presenti anche due dei “fattori
accessori” ed operi in condizioni di rischio medio secondo la metodologia Osha.
O ancora ad un portatore di una broncopatia in fase iniziale ma forte fumatore,
che svolga l’attività in condizioni di rischio basso secondo Osha ma sia al
contempo un saldatore o un verniciatore. Rifuggendo da ogni schematismo, appare
chiaro che in tali situazioni potrebbe essere giustificato assumere la cautela
più ampia per questi soggetti.
Per effettuare il download degli strumenti di valutazione collegarsi al link di seguito