Il medico competente, nel tutelare la salute degli gli operatori sanitari delle strutture pubbliche e private contro il rischio biologico, spesso si pone il dubbio se effettuare indagini per la verifica di una sieropositività per HIV. Il dubbio nasce dall'applicazione della lettera c, del comma 3 del D.Lgs.81/08 che stabilisce "che nei casi vietati dalla normativa vigente non è possibile effettuare visite di sorveglianza sanitaria.
Tenendo in considerazione la legge n. 135 del 1990, che allo scopo di evitare discriminazioni nonché violazioni di riservatezza sullo stato di sieropositività per HIV, stabilisce il divieto al Datore di Lavoro di svolgere indagini volte ad accertare lo stato di sieropositività dei dipendenti, il protocollo di sorveglianza sanitaria elaborato dai medici competenti non dovrebbe contenere alcun accertamento per la verifica di una condizione di sieropositività per HIV
Il dubbio sembra risolto, ma non è così, infatti la sentenza n. 218 del 2 Giugno 1994 della corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 135 del 1990 negli articoli che escludono gli accertamenti sanitari per verificare l'assenza di sieropositività all'infezione da HIV per l'espletamento di attività comportanti rischio per la salute di terzi.
Quindi per alcuni operatori sanitari ( es. chirurghi che operano in prima persona) sembra possibile verificare l'assenza di sieropositività all'infezione da HIV.
I Ministeri della salute e del lavoro attraverso la circolare del 12 Aprile 2013 hanno fornito ulteriori informazioni molto utili per risolvere il problema.
La circolare oltre a tenere in considerazione tutta la normativa specifica sull'argomento tiene conto anche quanto dichiarato dalla Commissione Nazionale AIDS in merito all'abbattimento del 96% del livello di contagiosità da parte dei farmaci retrovirali, (aspetto importante per quanto riguarda l'infettività verso terzi), e quanto raccomandato dalla Conferenza Generale dell'OIL n. 200 del 2010 in merito al fatto che a nessun lavoratore deve essere richiesto di effettuare il test HIV o di rilevare il proprio stato sierologico ma che la prevenzione della trasmissione dell'HIV deve essere una misura prioritaria.
Per le visite mediche preventive in fase pre-assuntiva la circolare fornisce l'indicazione che non trova valida alcuna motivazione l'esecuzione del test per accertare una condizione di siero-negatività, dal momento che in ogni caso una siero-positività non può costituire motivo di discriminazione nell'accesso al lavoro.
Per le visite mediche preventive e periodiche la circolare ha fornito la seguente indicazione: " dove la valutazione dei rischi ha evidenziato un elevato rischio di contrarre l'infezione da Hiv, nel predisporre il protocollo di sorveglianza sanitaria per tale rischio, il medico competente adottando criteri rispondenti a indirizzi scientifici più avanzati, dovrà prevedere la necessità o meno di effettuare il monitoraggio individuale , fermo restando l'obbligo di fornire al lavoratore, informazioni sul significato della sorveglianza sanitaria e sulla necessità di sottoporsi al test."
Considerazione personale: Mi chiedo fermo restando che una eventuale siero positività non deve essere motivo di discriminazione nell'accesso al lavoro, in "casi selezionati" tenendo conto della valutazione del rischio, del grado di rischio per terzi, e che grazie ai farmaci si riduce del 96% l'infettività, non sarebbe utile effettuare tali test durante le visite preventive in fase pre-assuntiva, preventive e periodiche?. A parere dello scrivente fermo restando il consenso informato, sia per fini preventivi ( eventuale profilassi con farmaci) che per fini medico legali, tale test deve essere effettuato nei casi di infortunio biologico.
Al seguente Link è possibile leggere la circolare del Ministero del Lavoro e della Salute.