giovedì 9 maggio 2019

Reinserimento Lavorativo del Lavoratore Cardiopatico


Il reinserimento lavorativo di un lavoratore con disabilità cronica per cardiopatia ischemica, rappresenta un problema emergente  di non facile risoluzione.
Infatti  tale condizione a causa delle ridotte  capacità di performance fisica dei soggetti,  producono ipersuscettibilità occupazionali correlati sia  allo  sforzo fisico richiesto per compiere un lavoro e  sia  ai fattori di rischio diversi dallo sforzo fisico (ad es. stress, microclima, rumore , sostanze tossiche con effetti cardiovascolari, etc.).
Inoltre rappresentano un rischio di disabilità improvvisa con conseguenti possibili problemi di sicurezza per il lavoratore e per terzi .(Es. Lavori in quota, luoghi isolati, guida automezzi).

Per tali lavoratori, il Medico competente ha l’arduo compito di esprimere  il giudizio idoneità,  dopo aver ricevuto   la stratificazione del rischio cardiovascolare che dovrà essere  correlata  con   i fattori di rischi occupazionali, come i rischi dell’organizzazione del lavoro , dell’ambiente di lavoro e dei rischi intrinsici della mansione.

Alcuni fattori dell’ambiente del lavoro “nocivi” riportati dalla letteratura sono:
·      le condizioni microclimatiche sfavorevoli, che possono determinare un aumento anche considerevole del consumo miocardico (sia per le  alte temperature che le  basse temperature)
·      rumore , a partire dai livelli di intensità superiori a 70 dB si verifica una vasocorstrizione periferica,  che per valori superiori a 85 dB inducono incrementi dei valori di pressione sisto-diastolica e della frequenza cardiaca. Pericolosi per il cardiopatico
·      Infatti in letteratura, sono riportati casi di crisi anginose e di infarto del miocardico in portatori di coronaropatie esposti a rumori intensi.
·      rischio chimico come l’esposizione a CO, CO2, NOx ecc

Alcuni dei fattori legati alla mansione “nocivi”  sono:
·      lo Sforzo Fisico Elevato
·       il rischio infortunistico
·      i Lavori in quota
·      i Lavori in posizione isolata
·       l’elevata responsabilità verso terzi

Per quanto riguarda i fattori legati all’organizzazione del lavoro, numerosi autori hanno evidenziato, che il lavoro a turni (notturno) determinando un alterazione del ritmo sonno-veglia e della secrezione circadiana del cortisolo,  sono la causa dell’aumento  della frequenza cardiaca, che concorre all’incremento del consumo di ossigeno del miocardio.
Inoltre anche altri fattori dell’organizzazione come i rapporti interpersonali e gerarchici, il carico di lavoro e la Competitività rappresentano fattori  di rischio per il lavoratore “cardiopatico”
Dopo un evento acuto, al fine di stratificare il rischio per l’eventuale comparsa di un nuovo evento,  deve essere valutata la presenza di ischemia residua, lo soglia di inducibilità della stessa, la funzione ventricolare sinistra e l’instabilità elettrica, La valutazione viene effettuata attraverso  il test ergometrico, l’ecocardiografia e l’ECG dinamico secondo Holter.
L’età rappresenta un importante fattore prognostico indipendente, con rischio più elevato in soggetti di età superiore a 65-70 anni.
Dopo l’esecuzione degli  accertamenti sanitari di cui al paragrafo precedente è possibile classificare i pazienti coronaropatici in 3 sottogrupi alto, medio e basso.
Il rischio basso è presente quando contemporaneamente sono presenti i seguenti fattori,
·      buona capacità lavorativa (>6 METs)
·      frazione d’eiezione del ventricolo sx > 45%
·      Assenza di aritmie
Il rischio medio è presente almeno uno dei seguenti parametri:
·      Frazione d’eiezione del ventricolo sinistro compreso tra 30% e 45%
·      Aritmie ventricolari
·      Fibrillazione atriale persistente
·      Ridotta capacità lavorativa (< 5 METs)
Il rischio alto è presente quando è presente almeno uno dei seguenti criteri
·      Frazione d’eiezione inferiore a 35%
·      Capacità lavorativa severamente ridotta
·      Condizioni do comorbidità
·      Mancato incremento della pressione arteriosa in esercizio
Per la valutazione dei METs è possibile utilizzare  le  tabelle di conversioni specifiche per il  peso: del lavoratore.
 Esempio per un soggetto di 80 chili i  100 watt del test da sforzo, corrispondono  un  valore di METs di 6 .
Una volta stratificato il rischio cardiaco , successivamente è necessario correlare tale rischio con il dispendio energetico dell’attività lavorativa.
 Per l’occasione la letteratura riporta delle tabelle del consumo energetico per determinate attività lavorative ( nel web è possibile cercare ed effettuare il download)
Esempi di attività leggera che corrisponde a un costo energetico > 3 METs  sono: Manovrare una grù, guidare un autocarro, stare in piedi (commesso in un negozio), altro esempio di lavoro moderato con costo energetico  tra 5 e 7 METs  sono : spalare la terra, montare un pneumatico.
 Naturalmente oltre la comparazione tra il rischio cardiovascolare  e il consumo energetico del tipo di lavoro è necessario tenere conto anche degli altri rischi precedentemente indicati.
La letteratura riporta che in assenza di ulteriori rischi aggiuntivi, un soggetto è in grado di svolgere un attività lavorativa di 6-8 ore quando  il consumo di ossigeno è pari al 35% 40%, con valori di picco che non devono essere superiori ai 2/3 dello sforzo massimale raggiunto.
La ripresa dell’attività lavorativa può essere consentita se la capacità funzionale del paziente è almeno il doppio della richiesta energetica della specifica attività lavorativa.
Sia l’idoneità che la non idoneità parziale o totale per il reinserimento del lavoratore cardiopatico o affetto da altre malattie deve necessariamente essere giustificato sulla base di dati oggettivi, misurabili e riproducibili.

E’ possibile approfondire l’argomento attraverso la lettura dell’articolo “ l’inserimento professionale del lavoratore affetto da cardiopatia ischemica: fattori prognostici, valutazione occupazionale e criteri per l’elaborazione del giudizio di idoneità alla mansione specifica”, pubblicato su GIMLE , volume XXXV, N. 2 Aprile Giugno 2013

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